Torniamo a parlare di marchi concentrando la nostra attenzione sul metodo con cui si valuta il rischio di confusione rispetto a un marchio complesso.
Quando un marchio si definisce complesso
Prima di entrare nello specifico è utile fare un passo indietro riprendendo la definizione di marchio complesso. Si considera tale quel marchio in cui tutti gli elementi che compongono quel segno (sia quelli figurativi che quelli denominativi) abbiano una capacità distintiva autonoma. Questo marchio è considerato forte solo se lo sono ciascuno dei singoli segni che lo compongono o se la loro combinazione è tale da avere un particolare carattere distintivo in funzione dell’originale accostamento.
Al contrario si parla di marchio d’insieme quando non è presente l’elemento caratterizzante di ogni singolo elemento e il valore distintivo necessario per l’ottenimento delle tutele previste per il marchio deriva solamente dalla combinazione di tutti gli elementi.
L’intervento della Cassazione
La vicenda ha visto risolta la contestazione secondo cui della parte secondo cui il proprio marchio complesso doveva essere analizzato in relazione a ciascuno degli elementi che lo compongono al fine di valutare la confondibilità col marchio concorrente. La Cassazione, tramite (Ord. 36862 del dicembre 2022) ha ritenuto che il motivo infondato e inammissibile.
La Cassazione ha ritenuto che il marchio complesso in oggetto “era composto da una parte denominativa e da una parte figurativa al cui interno la componente denominativa si inseriva“. Per questo motivo la valutazione della somiglianza dei due marchi non si può ridurre all’esame di un solo elemento e al suo confronto con l’altro marchio. Bisogna, infatti, procedere all’analisi dei segni in conflitto considerandoli ciascuno nel suo insieme. L’analisi di questi segni deve essere condotta in maniera analitica procedendo alla comparazione degli elementi distintivi tenendo conto solamente del carattere dominante di tali elementi e trascurando gli elementi privi di tale caratteristica.
Inoltre “l’inclusione in un marchio complesso dell’unico elemento, nominativo o emblematico, che caratterizza un marchio semplice precedentemente registrato si traduce in una contraffazione, anche se il nuovo marchio sia costituto da altri elementi che lo differenziano da quello precedente” (Sentenza Cassazione Civile n. 10205 del 11/04/2019).
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha rigettato la doglianza. Nel fare ciò, la Corte ha ribadito il principio già adottato in precedenza secondo cui è necessario valutare la confondibilità dei marchi complessi partendo dall’esame comparativo dell’elemento o degli elementi distintivi (cd. cuore del marchio), ossia in modo analitico, soffermandosi sul carattere dominante di tali elementi e trascurando quelli privi di capacità distintiva.