Da diversi mesi l’intelligenza artificiale è divenuta argomento di discussione pubblica tale da catalizzare l’attenzione non solo degli addetti ai lavori. La diffusione da parte di Open AI del servizio ChatGPT ha spalancato le porte alle potenzialità di questo tipo di tecnologia. Tra scenari apocalittici (frutto più della poca conoscenza della materia che di un reale rischio) e corsa delle aziende all’integrazione di questi sistemi è opportuno fare alcuni chiarimenti soprattutto in materia di possibilità di brevettare l’intelligenza artificiale.
Cos’è l’intelligenza artificiale
Per iniziare partiamo dalla definizione di intelligenza artificiale prendendo spunto da quella adottata dal Parlamento europeo in modo tale da avere un elemento comune e autorevole dal quale partire. Il Parlamento europeo parla dell’intelligenza artificiale come dell’”abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività”.
In questo senso l’AI permette ai sistemi dotati di questa tecnologia di capire l’ambiente circostante, mettersi in relazione con esso, risolvere problemi e agire verso un obiettivo specifico. Il tutto sulla base di una grande quantità (e specificità) di dati rilevati tramite diversi mezzi. Tra le particolarità dell’intelligenza artificiale c’è la capacità di adattare il proprio comportamento in autonomia analizzando quelli che potrebbero essere gli effetti delle azioni precedenti.
Parliamo di una realtà che non è certo nata con ChatGPT (sistemi di questo tipo esistono da più di 50 anni) e che ha diverse declinazioni. Dall’integrazione con il digital marketing ai motori di ricerca passando per gli assistenti digitali, la guida dei veicoli, la sicurezza informatica, la lotta alla disinformazione, l’applicazione nel settore dei trasporti, della salute e dell’amministrazione pubblica, sono tantissimi i settori nei quali l’AI può essere prevista.
Al netto degli evidenti vantaggi legati alla sua diffusione e implementazione non sono da sottovalutare i rischi (a tal proposito vi è un interessante approfondimento da parte del Parlamento europeo), ma in tutti i casi l’intelligenza artificiale è una realtà con la quale bisognerà inevitabilmente confrontarsi a tutti livelli. Non a caso l’Unione Europea la considera una priorità e anche l’EUIPO ne parla diffusamente nel suo Piano strategico 2025.
Dopo questa necessaria premessa rispondiamo all’interrogativo iniziale andando a capire se e come l’intelligenza artificiale si può brevettare.
La brevettabilità dell’AI
Di per sé l’AI è brevettabile, ovviamente rispettando i requisiti di novità e inventività, in quanto è in grado di creare un effetto tecnico. A questo proposito le linee guida dell’EUIPO specificano che l’AI non può essere brevettata in quanto tale ma solamente nella sua applicazione concreta. I sistemi di AI e apprendimento automatico, infatti, sono di natura matematica astratta e di fatto esclusi da qualsiasi tipo di brevettabilità.
Discorso diverso, invece, nel caso in cui l’AI in quanto metodo di natura matematica, consente di raggiungere un effetto tecnico. Questo sì che si può brevettare, ma solo in funzione di quello specifico risultato.
La giurisprudenza in materia è, ovviamente, assente o molto limitata e le valutazioni che vengono condotte in questa fase sono teoriche e non trovano un riscontro in decisioni già adottate . Gli addetti ai lavori prevedono che l’intelligenza artificiale si potrà brevettare per:
- i metodi di addestramento dell’AI;
- i software che eseguono i metodi di addestramento;
- l’apparato che utilizza il sistema di AI.
Il metodo di addestramento, infatti, viene concretizzato tramite un hardware per raggiungere un risultato tecnico; questo rende brevettabile l’AI in quanto la priva dell’elemento astratto.
L’interesse sull’argomento e, soprattutto, i notevoli vantaggi possibili grazie allo sviluppo e all’integrazione dell’intelligenza artificiale porterà nei prossimi anni alla presentazione di numerose domande di brevettabilità. Anche nel settore dei brevetti, quindi, l’AI svolgerà un ruolo sempre più cruciale di cui prendere atto.