Registrazione marchi principi morali
Marchi e brevetti

Il (controverso) rapporto tra marchi e principi morali

L’articolo 14 del Codice della Proprietà Industriale sancisce che non possono essere oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti quei segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. È un argomento delicato che, come richiamato nel relativo approfondimento dell’EUIPO, richiede la necessità di preservare l’espressione creativa e gli standard sociali di riferimento.

Non è raro che diversi tentativi di registrazione di un marchio non siano andati a buon fine perché contrari ai principi morali . È il caso del marchio Covidiot (per prodotti quali graffette metalliche, app per smartphone, giochi da tavolo e giocattoli) o di quello La Mafia se sienta a la mesa (della catena di ristoranti spagnoli).

L’equilibrio tra creatività, libertà e moralità

Al pari di quella italiana, la  normativa europea stabilisce che non possano essere registrati marchi contrari all’ordine pubblico o ai principi di moralità o che, se registrati, possano essere dichiarati nulli. A questo proposito le linee guida dell’EUIPO prevedono l’esclusione dalla registrazione di parole o frasi blasfeme, razziste, discriminatorie o offensive. Il principio però stabilisce che per essere escluse dalla registrazione il significato di tali espressioni deve essere chiaramente trasmesso dal marchio.

Per principi  morali, prosegue l’EUIPO, si intende quell’insieme di valori e standard morali fondamentali che una società condivide in un determinato momento. Non è, quindi, la tutela dei sentimenti di un singolo, ma la violazione dei valori morali fondamentali di un significativo pubblico di riferimento.

L’EUIPO individua due estremi entro i quali è lecito muoversi: le minoranze eccessivamente puritane e quelle che ritengono accettabile anche l’oscenità grave. Un marchio non dovrebbe essere registrato solamente perché non offenderebbe una piccola minoranza, ma va valutato in riferimento agli standard e ai valori dei cittadini comuni.

Tre casi esemplificativi

Le vicende relative alle domande di marchio Covidiot, La Mafia se sienta a la mesa e Pablo Escobar mostrano qual è la ratio dietro il rifiuto alla domanda di registrazione di un marchio ritenuto contrario ai principi morali.

Nel caso del marchio Covidiot l’EUIPO ribadisce come la decisione di rifiutarne la registrazione abbia tenuto conto del particolare periodo storico di crisi globale in cui tale richiesta era stata avanzata. La derisione o la banalizzazione delle norme sulla salute pubblica è stata considerata inappropriata sia perché offensivo delle persone sia perché minava gli sforzi delle autorità per tutelare la salute pubblica.

Nel caso del marchio La Mafia se sienta a la mesa, dopo che il marchio  era stato registrato in Spagna, l’EUIPO l’ho ha rigettato  in quanto contrario all’ordine pubblico e alla moralità. La mafia, infatti, non può essere considerata un riferimento umoristico e l’associazione con un’azienda è stata vista come una banalizzazione dell’attività criminale delle associazioni mafiose e delle conseguenze che esse esercitano sulle persone.

Infine il caso del marchio Pablo Escobar. Il rifiuto dell’EUIPO alla registrazione si è basato sulla considerazione che quel nome fosse offensivo e contrario all’ordine pubblico perché poteva essere visto come un’apologia di un’attività criminale.

In fase di presentazione di una domanda di registrazione di un marchio, quindi, è necessario anche tenere conto di quella che è la sensibilità delle persone e del modo in cui determinate parole o espressioni possono percepire tali messaggi.

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