Negli ultimi anni l’attenzione verso il delicatissimo tema della tutela della privacy e dei dati personali è aumentata in maniera esponenziale per due fattori che potremmo definire paralleli. Da una parte, infatti, c’è una migliore consapevolezza del problema e dall’altra c’è un’evidente maggiore esposizione a tutta una serie di rischi, frutto anche dell’evoluzione tecnologica e di come questa sia oggi profondamente legata con l’utilizzo dei dati di ogni singolo utente per usufruire dei vari servizi.
Anche a fronte di gravi casi di cronaca che nel corso del tempo si sono susseguiti si è iniziati a parlare di diritto all’oblio, ovvero del diritto di veder dimenticato quanto fatto e che lascia traccia nel web e che pesa come un macigno sul presente e il futuro di coloro che ne sono coinvolti.
Il tanto discusso GDPR, ovvero il Regolamento Generale sulla Protezione dei dati (Regolamento UE 2016/679) definisce il diritto all’oblio come il diritto da parte del soggetto interessato di ottenere “la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali”.
Quando si esercita il diritto all’oblio
Questo diritto non è illimitato, ma può essere, conformemente a quanto stabilito dalla legge, solamente in alcuni casi specifici, ovvero quando sussistano le condizioni per cui il legislatore ha riconosciuto questo diritto. Tra queste circostanze troviamo l’inutilità dei dati rispetto alle finalità per cui sono stati forniti, l’uso illecito degli stessi, per adempimenti giuridici o per motivi di interesse pubblico.
L’autorità preposta per dirimere questi sulla tutela dei dati personali e il diritto all’oblio è il Garante per la privacy o il giudice che si esprime sulle vicende che vengono portate alla sua attenzione. Un soggetto, infatti, può richiedere che i suoi dati personali, anche quelli presenti in una notizia precedentemente diffusa lecitamente, venga rimossa e non resti visibile per sempre.
Come anticipato il diritto all’oblio come espressione della tutela dei dati personali è oggi maggiormente percepito rispetto al passato in quanto i moderni mezzi di comunicazione (soprattutto i siti web e i social network) consentono a chiunque di recuperare informazioni e utilizzarle per scopi anche illeciti. Questa condizione si scontra però con la difficoltà di eliminare ogni traccia di una notizia o di alcuni dati dal web. Paradossalmente se oggi è possibile pretendere legalmente che i propri dati vengano cancellati e non riproposti è estremamente più complicato dal punto di vista tecnico, rispetto al passato, avere la certezza che questo avvenga.
Inoltre la tutela dei dati personali e della propria immagine, esercitati attraverso il diritto all’oblio, si scontrano con i diritti di cronaca e informazione di cui si avvalgono i soggetti che lavorano nel campo della comunicazione e che necessitano di continuare a esercitare liberamente.
Cosa fare
La cancellazione dei dati deve avvenire automaticamente laddove si verificano le condizioni previste per l’esercizio del diritto all’oblio. In caso contrario è possibile contattare il gestore del motore di ricerca che deve procedere con la deindicizzazione del contenuto. In caso di risposta negativa o in assenza di risposta ci si può rivolgere a un avvocato per ricorrere all’autorità giudiziaria. Il consulto con un professionista è sempre consigliato non solo per determinare la sussistenza dei requisiti che consentono di esercitare il diritto all’oblio, ma anche per valutare la strategia migliore di intervento per ottenere un risultato positivo in tempi ridotti.